Scrittore, politico, medico, pittore, poeta, Carlo Levi ha attraversato nel corso della sua lunga vita la maggior parte delle vicende del Novecento italiano, restando sempre dalla parte di chi era considerato il più debole.
Nato a Torino il 29 novembre 1902, Carlo era il primogenito di Ercole Levi e di Annetta Treves, sorella del leader socialista Claudio, studiò al liceo Alfieri di Torino, frequentato da Leone Ginzburg, Massimo Mila, Giulio Einaudi, Giaime Pintor e Cesare Pavese, laureandosi nel 1924 in medicina.
Levi divenne poi assistente del professor Micheli presso la Clinica Medica dell’Università di Torino e negli anni successivi condusse lavori sperimentali sulle epatopatie e sulle malattie delle vie biliari.
Nel 1929 fu fondato a Parigi il gruppo Giustizia e Libertà, cui facevano parte i fratelli Rosselli, Emilio Lussu, Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi e Levi ne divenne il principale esponente a Torino, partecipando nel 1931 alla stesura del Programma rivoluzionario di Giustizia e Libertà, con i suoi frequenti viaggi a Parigi nel ruolo di pittore per una serie di rischiosi contatti con i fuoriusciti antifascisti.
Da sempre interessato alla pittura, Carlo si unì al gruppo dei Sei di Torino, sostenuti da Edoardo Persico e dallo storico dell’arte e critico Lionello Venturi e dal 1932 al 1934 visse a Parigi.
Arrestato nel marzo 1934 per i suoi collegamenti con Giustizia e Libertà, Levi fu rilasciato in maggio, ma il 15 maggio 1935 venne arrestato per la seconda volta e condannato a tre anni di confino di polizia in Lucania, prima a Grassano, poi ad Aliano.
Nel maggio 1936, in occasione della proclamazione dell’Impero, Carlo fu graziato dal periodo di confino e nel 1939 le leggi razziali lo spinsero a fuggire in Francia, da cui tornò nel 1941, stabilendosi a Firenze.
Imprigionato nella primavera 1943, Levi fu liberato il 26 luglio dello stesso anno e divenne un membro del Comitato toscano di liberazione oltre ad essere condirettore del quotidiano fiorentino La Nazione del Popolo, un organo del Cln.
Levi nel 1945 pubblicò Cristo si è fermato a Eboli, scritto a Firenze negli ultimi anni di guerra, dove racconta la sua esperienza del confino, diventato il suo scritto più famoso e tradotto in numerose lingue.
Nel giugno 1945 lo scrittore si trasferì a Roma, dove diresse L’Italia libera, organo nazionale del Partito d’Azione e riprese l’attività di pittore, con mostre personali in Italia e, nel 1947, a New York, presso la Wildenstein Gallery, e con partecipazioni alle più importanti rassegne periodiche.
Agli inizi degli anni Cinquanta Levi pubblicò L’orologio, scritto a Roma tra il 1945 e il 1946 e, tra il 1951 e il 1952, fece una serie di viaggi in Calabria, accompagnato da Rocco Scotellaro, poi in Sicilia e in Sardegna, e nel 1955 viaggiò in Urss, poi l’anno successivo si recò in India e, nel 1959, in Cina.
Nel 1955 scrisse Le parole sono pietre , nel 1959 La doppia notte dei tigli, nel 1960 Un volto che ci somiglia e nel 1964 Tutto il miele è finito.
Eletto senatore nel 1963 nelle liste del Partito comunista italiano Levi fece parte della Commissione parlamentare Istruzione pubblica e Belle Arti.
Nel 1973 lo scrittore fu colpito da distacco della retina ed è sottoposto a due interventi chirurgici e in stato di temporanea cecità, realizzò 140 disegni e scrisse, con uno speciale telaio, un lavoro che venne pubblicato postumo con il titolo Quaderno a cancelli.
Fra il 7 e il 10 dicembre 1974 Levi compì l’ultima visita in Basilicata, con una cartella di sette litografie ispirate al Cristo si è fermato a Eboli, edita dall’editore Esposito di Torino.
Ricoverato in ospedale il 23 dicembre 1974, Carlo Levi morì a Roma il 4 gennaio 1975 dopo alcuni giorni di coma ed è sepolto in Basilicata, ad Aliano.